Posto di blocco, da oggi scatta il controllo cellulare: si vanno a leggere anche i messaggi WhatsApp | Sono autorizzati dallo Stato

Pattuglia della polizia durante un posto di blocco e logo whatsapp

Posto di blocco, il controllo WhatsApp - mobilitasostenibile.it

Se le Forze dell’Ordine dovessero chiederci di mostrargli le chat di WhatsApp durante un posto di blocco, non possiamo opporci: è legge.

Posto di blocco, traffico fermo, agenti in strada. Già così, per molti, è uno scenario da incubo. Non importa se si è perfettamente in regola: è l’idea di perdere tempo, magari rischiare una multa per una dimenticanza, o arrivare tardi a un impegno. Tutto questo basta e avanza a far salire il nervosismo anche al conducente più onesto.

Ma se oltre ai documenti ci si sentisse chiedere anche di controllare il cellulare, beh, lì si alzerebbe il livello dell’ansia. Eppure può succedere davvero, senza che cadano nell’abuso né in una violazione della privacy. A dimostrarlo sono i numerosi casi avvenuti in Italia in questi mesi, se non anni.

Gli agenti possono controllare WhatsApp durante un posto di blocco: cosa dice davvero la legge

Sembra assurdo, ma in certi casi le forze dell’ordine possono richiedere l’accesso alle chat di WhatsApp, in particolare durante un controllo stradale. Non per curiosare nella vita privata, ma per accertare se siano in corso attività che ostacolano il lavoro della polizia.

Il riferimento non è di certo casuale, bensì mirato: molti cittadini usano gruppi o chat per avvisarsi in tempo reale sulla presenza di posti di blocco, pattuglie o autovelox non segnalabili. E qui apriamo una parentesi: per legge, tutti i dispositivi fissi o mobili per il controllo della velocità dovrebbero essere segnalati in modo preventivo e ben visibile. Tuttavia, esiste un’eccezione importante: gli autovelox mobili gestiti in movimento dalla Polizia Stradale, soprattutto in autostrada, non sono tenuti ad alcuna segnalazione preventiva.

Degli avvertimenti che, se fatti tramite abbaglianti, sono già sanzionabile. Ma oggi, con la messaggistica istantanea, il fenomeno si è trasferito online. Ma qualunque sia il sistema, segnalare sistematicamente la presenza dei controlli può configurare un’infrazione all’articolo 45 del Codice della Strada. La multa? Da 825 a 3.305€. Non poco.

E qui entra in gioco il cellulare. Se gli agenti sospettano che in una chat si stiano diffondendo queste informazioni, possono chiedere di verificarne il contenuto. Ed è già successo: in Italia sono stati segnalati casi reali in cui, durante un posto di blocco, le forze dell’ordine hanno chiesto ai conducenti di mostrare le conversazioni WhatsApp, proprio per accertare la presenza di messaggi utili a eludere i controlli. E sì, la legge lo consente, purché ci siano motivazioni concrete. Di fatti, vi sono dei limiti da conoscere per difendere la propria privacy.

Ragazzo che apre Whatsapp in auto
Posto di blocco, quando il controllo WhatsApp è lecito – mobilitasostenibile.it

Fin dove possono arrivare i controlli (e dove no)

Per legge, l’accesso al telefono può avvenire solo in presenza di indizi specifici: se, per esempio, un agente sente parlare di messaggi sospetti, o riceve una segnalazione concreta, può chiedere di controllare. Ma ci sono limiti. Non può partire tutto da una semplice curiosità o da un controllo generico. Il principio di proporzionalità va rispettato.

Se dai messaggi emerge una segnalazione organizzata per eludere i controlli, scatterà la sanzione. Altrimenti, si chiude lì. La privacy resta un diritto fondamentale, ma – quando entra in conflitto con la sicurezza pubblica – non è più assoluta.