“Avevo solo bevuto un caffe”: ultim’ora posto di blocco | Da oggi è una sostanza proibita alla guida

Agente al posto di blocco e tazzina di caffè

Il caffè segnalato al posto di blocco - mobilitasostenibile.it

Non è l’alcoltest a fregarvi, ma il retrogusto amaro del caffè: dentro può esserci un solvente controverso. 

Immaginatevi la scena. Paletta che si alza, posto di blocco, il finestrino che scende piano e l’automobilista che, per giustificarsi, mormora: “Ho bevuto solo un caffè”. Una frase che in Italia suona come sinonimo di normalità, di quotidianità, quasi di innocenza. E invece oggi potrebbe non bastare più.

Perché dietro quella tazzina rassicurante, soprattutto quando scegliamo il decaffeinato per sentirci ‘più leggeri’, si nasconde un dettaglio che pochi conoscono: un solvente chiamato diclorometano, che alcuni marchi usano per estrarre la caffeina.

Non lo troviamo scritto in etichetta, non ci avverte nessuno quando lo ordiniamo al bar. Eppure parliamo di una sostanza che gli esperti considerano potenzialmente pericolosa.

Caffè con solvente: il caso che ha fatto discutere

A portare il tema alla luce è stata un’inchiesta de Il Salvagente. Carrefour ha ammesso di usare proprio questo solvente per il suo caffè decaffeinato. Altre aziende – da Illy a Kimbo – hanno preferito non rispondere. E qui scatta il dubbio: se non c’è nulla di cui vergognarsi, perché tacere?

Il diclorometano ha una caratteristica che lo rende molto comodo per l’industria: elimina la caffeina senza intaccare troppo l’aroma. Poi evapora facilmente e, secondo i produttori, sparisce del tutto con la tostatura ad alte temperature.

Dal punto di vista legale, è tutto perfettamente in regola. Ma dal punto di vista della salute, i tossicologi ricordano che anche minime quantità, assunte ogni giorno, possono accumularsi nei tessuti e restare lì.

Tazzina e chicchi di caffè
Caffè decaffeinato con solventi – mobilitasostenibile.it

La decaffeinizzazione subdola

Il vero problema è che in etichetta non è obbligatorio indicare il metodo di decaffeinizzazione. Quindi noi consumatori restiamo all’oscuro: beviamo convinti che sia solo un caffè più leggero, senza sapere se sia stato trattato con acqua, anidride carbonica o con solventi chimici.

Ed è qui che torna l’immagine del posto di blocco. Perché non è la pattuglia a fermarci davvero, ma la consapevolezza che ciò che sembra innocuo possa rivelarsi una sostanza scomoda per la nostra salute.

Dunque no, nessuno ci fermerà mai al posto di blocco per farci il caffè test, ma è bene sapere che il caffè decaffeinato non è tutto uguale. Alcuni marchi scelgono processi naturali e lo dichiarano, altri si affidano a solventi e preferiscono non parlarne. La differenza, per chi lo beve ogni giorno, non è da poco. E finché la legge non obbligherà a maggiore trasparenza, l’unica vera ‘multa’ sarà quella che rischiamo di pagare con il nostro corpo.