“È l’auto di mio fratello” “Non ci interessa, 3000€ di multa”: scatta il controllo libretto di circolazione | Deve esserci il tuo nome

Posto di blocco, polizia che effettua il controllo del libretto di circolazione ad un conducente

Controlli sul libretto di circolazione - mobilitasostenibile.it

Non conta se l’auto è di tuo fratello, il Codice della Strada parla chiaro: per guidarla va fatto annotare il proprio nome sul libretto di circolazione.

“Mi impresti l’auto per stasera? La tratto bene.” Oppure: “Dai, fammela usare solo nel weekend, ti pago la benzina.” Chi ha un fratello o una sorella sa benissimo che frasi come queste sono all’ordine del giorno. È naturale prestarsi l’auto in famiglia, quasi spontaneo. Eppure, per la legge, non basta il legame di sangue – nemmeno se il fratello in questione fosse un gemello omozigote.

Il problema è che molti non lo sanno. E quando vengono fermati a un posto di blocco, si trovano davanti a un’amara sorpresa: una di quelle che presenta il conto salato, talvolta fino a 3.000€.

Quando scatta davvero l’obbligo (e perché in pochi lo sanno)

La regola, in teoria, è chiara: se si guida un’auto non intestata al proprio nome per un periodo prolungato, bisogna farlo annotare sul libretto di circolazione. Facile, no? Eppure, come spesso accade in Italia, tra la teoria e la pratica c’è di mezzo un mare di interpretazioni e circolari ministeriali.

Dal 2014 il Ministero dei Trasporti ha previsto questa misura per un motivo semplice: tracciare chi ha la disponibilità effettiva del veicolo. Serve a sapere a chi inviare le multe, chi risponde di eventuali incidenti o chi usa l’auto in modo stabile. Ma se la logica è lineare, l’applicazione non lo è affatto.

Ora veniamo al punto. Perché – giustamente – viene da chiedersi: “Ma allora perché non lo fanno tutti?” E come mai alcuni sostengono di essere comunque in regola senza annotare nulla sul libretto?

Libretto di circolazione
Libretto di circolazione – mobilitasostenibile.it

Chi deve davvero preoccuparsi (e chi no)

La risposta è semplice: non sempre serve farlo. L’obbligo vale solo per chi utilizza un’auto altrui in modo continuativo per oltre 30 giorni. Tutti gli altri possono stare tranquilli: chi la prende nel weekend, la usa per pochi giorni o vive sotto lo stesso tetto del proprietario non deve fare nulla.

Già, perché la legge prevede un’eccezione chiara: i conviventi non devono annotarsi. Se si condivide la stessa residenza, l’uso del mezzo è considerato “familiare” e non esclusivo. Nessuna trafila, nessuna sanzione.

Diverso è per chi guida ogni giorno l’auto aziendale, quella del partner che vive altrove o di un parente che la cede stabilmente: in questi casi l’annotazione è obbligatoria e il mancato aggiornamento può costare caro.

Per regolarizzare basta recarsi alla Motorizzazione Civile o in un’agenzia di pratiche auto, con i documenti di entrambi, la carta di circolazione e una breve dichiarazione d’uso continuativo. L’ufficio aggiorna i registri e aggiunge il nominativo sul libretto. Il costo è minimo, ma ignorare la regola può costare fino a 705€, o perfino la sospensione della carta di circolazione.