L’appello dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) a istituzioni e imprese: dobbiamo agire, ora

Dopo 8 anni di lavoro, l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite, ha concluso la pubblicazione del Sesto Rapporto di Valutazione sui Cambiamenti Climatici (AR6) con il rapporto di Sintesi (Synthesis Report – SYR), una vera e propria roadmap per il futuro, che il Segretario Generale Onu Antonio Guterres ha definito come una “guida di sopravvivenza per l’umanità”. 

La pubblicazione dell’IPCC ci dice, in maniera netta, che raggiungere gli obiettivi di Parigi è ancora tecnicamente possibile. Sta ora al sistema istituzionale e, più in generale, alla volontà e alla capacità del sistema economico e sociale, trasformare le indicazioni del Rapporto in una reale inversione di rotta. Ogni scostamento dal target di 1.5° sarà una misura del fallimento nell’azione di contrasto e di adattamento al cambiamento climatico. 

Già nel 2018 l’IPCC aveva evidenziato la portata senza precedenti della sfida necessaria a contenere il riscaldamento entro 1,5°C e ora, 5 anni dopo, la sfida è ancora più ardua per il continuo incremento delle emissioni GHG. Il Rapporto conferma non solo il ruolo delle emissioni di gas serra di natura antropica nell’alterazione del clima, ma testimonia anche che abbiamo già oltrepassato la soglia di +1.1°C rispetto ai livelli pre-industriali. E rende evidente come le azioni intraprese finora siano insufficienti, con un rischio concreto di incremento della temperatura media globale fino a +3,5°C, valore che rappresenterebbe una seria minaccia per l’umanità nel suo complesso. 

Ogni aumento della temperatura terrestre comporta infatti un rapido incremento di fenomeni come eventi climatici estremipandemie conflitti, aumentando ulteriormente i rischi per la salute umana e gli ecosistemi. Come evidenziato da Piero Lionello in uno dei capitoli del report IPCC, “ci si attende che il numero di decessi e persone a rischio di stress da calore aumenti con il riscaldamento globale, raddoppiando o triplicando per un innalzamento della temperatura pari a 3°C, rispetto a 1,5°C.” Anche l’insicurezza alimentare e idrica legata al clima è destinata ad aumentare con il riscaldamento terrestre, evenienza che colpisce direttamente l’Europa Mediterranea e l’Italia. 

Queste zone sono infatti esposte a rischi legati a un’attesa diminuzione della precipitazione (con conseguenze sulla disponibilità di risorse idriche), e alla particolare intensità del riscaldamento estivo (superiore di circa il 50% di quello medio globale). “Altri rischi sono legati alla vulnerabilità delle coste (dove insediamenti e strutture sono frequentemente collocati poco al di sopra del livello medio del mare), all’importanza economica del settore turistico (che è posto direttamente a rischio dal cambiamento climatico e indirettamente dall’attuazione di politiche di mitigazione) e alla vulnerabilità degli ecosistemi terrestri e marini, minacciati anche da altri fattori antropici (sovrasfruttamento e inquinamento)”, scrive Lionello. 

Quando i rischi naturali di tale entità si combinano con altri eventi avversi, come pandemie o conflitti, diventano difficili se non impossibili da gestire, colpendo in modo particolare le persone e gli ecosistemi più vulnerabili. C’è dunque un importante riflesso di in/giustizia climatica, in quanto i Paesi che hanno contribuito di meno al cambiamento climatico sono quelli più colpiticome evidenziato da Aditi Mukherji, un’autrice del report. “Quasi la metà della popolazione mondiale vive in regioni altamente vulnerabili ai cambiamenti climatici. Nell’ultimo decennio, i decessi per inondazioni, siccità e tempeste sono stati 15 volte superiori nelle regioni altamente vulnerabili”.

Sebbene l’IPCC rilevi come quanto fatto finora, e anche gli impegni assunti, siano insufficienti per affrontare il cambiamento climatico, viene anche sottolineato come non sia troppo tardi per frenare e mitigare l’emergenza climatica in atto. “Questo Rapporto di sintesi sottolinea l’urgenza di intraprendere azioni più ambiziose e dimostra che, se agiamo ora, possiamo ancora garantire un futuro sostenibile e vivibile per tutti”, ha dichiarato il presidente dell’IPCC Hoesung Lee. È possibile, ma dobbiamo agire ora. È imperativo abbandonare fin da ora i combustibili fossili, avviare e finanziare politiche di adattamento, soprattutto per le aree più vulnerabili, e dimezzare le emissioni di gas serra entro il 2030, per mantenere vivo il target di Parigi di +1,5°C. Il punto cruciale di questo report, infatti, non è tanto l’allarme lanciato, ma la guida “di sopravvivenza” fornita per gli anni a venire

Come spiega l’IPCC, è necessario anche sviluppare, da subito, misure di adattamento ai cambiamenti climatici, che si affianchino alle azioni di mitigazione, in modo da fornire benefici più ampi. Ad esempio, l’accesso all’energia e alle tecnologie pulite migliora la salute, soprattutto di donne e bambini; l’elettrificazione a basse emissioni di carbonio, gli spostamenti a piedi e in bicicletta e i trasporti pubblici migliorano la qualità dell’aria, la salute e le opportunità di lavoro e garantiscono l’equità. I benefici economici per la salute delle persone derivanti dal solo miglioramento della qualità dell’aria sarebbero all’incirca uguali, o forse addirittura superiori, ai costi sostenuti per ridurre o evitare le emissioni. 

La buona notizia è che conosciamo il percorso e abbiamo gli strumenti, le tecnologie e le soluzioni per raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi. Vi è anche sufficiente disponibilità di capitale a livello globale, purché si riducano le barriere esistenti: i governi sono chiamati ad agire non solo orientando opportunamente la finanza pubblica ma anche, o meglio soprattutto, mandando chiari segnali agli investitori attraverso una regolamentazione dei mercati che operi per la sostenibilità e la lotta al cambiamento climatico a livello globale. 

La scienza, dunque, ha assolto al suo compito: oggi sappiamo cosa dobbiamo fare per impedire un eccessivo riscaldamento del pianeta, e conosciamo i costi umani, ambientali ed economici dell’inazione. Sta a noi scegliere se reagire e come agire.