Studio E-Mobility PwC Strategy&_Mobilità elettrica: l’Italia arretra e la Cina si avvicina

Nel corso del 2022 le immatricolazioni di Battery Electric Vehicle (BEV) in Europa (EU27+UK) sono cresciute in media del 29,0% rispetto all’anno precedente, con una penetrazione del 13,9% rispetto alle vendite totali di autovetture. Questo andamento complessivo, in realtà, nasconde forti differenze tra Paesi. La transizione all’elettrico in Italia, ad esempio, procede ad un passo decisamente più lento e segna un andamento addirittura in calo rispetto al passato. Nel 2022 la quota di immatricolazione di autovetture BEV nel nostro Paese si è fermata al 3,7%, dato in calo rispetto al 4,6% 2021.

Per quali motivi il nostro Paese è il fanalino di coda in Europa?

A quanto pare, non per una carenza di domanda. Come evidenziato dall’ultima edizione dello studio eReadiness di PwC Strategy&, in Italia oltre un consumatore su tre si dichiara interessato ad acquistare auto elettriche nei prossimi due anni, percentuale che sale al 75% in caso di orizzonte temporale esteso a 5 anni. Tale quota è addirittura superiore a quella di altri Paesi europei che sono più avanti nel percorso di transizione alla mobilità elettrica, come ad esempio Germania e UK, in cui la percentuale di immatricolazioni delle vetture BEV nel 2022 è stata significativamente più alta rispetto all’Italia (rispettivamente 17,8% e 17,2% rispetto al 3,7% nel nostro Paese).

Lo studio evidenzia come in Italia il deterrente principale all’acquisto di auto elettriche e delle relative infrastrutture di ricarica sia il costo. A conferma di ciò, due dati eloquenti. Prima di tutto, la geografia delle immatricolazioni di auto BEV nel nostro Paese, che è fortemente concentrata nelle provincie a più alto potere di acquisto della popolazione. In seconda istanza, il reddito medio di chi si dichiara intenzionato a comprare una vettura elettrica nei prossimi due anni, che risulta superiore di oltre il 50% rispetto a chi non è interessato. Sicuramente la diffusione delle infrastrutture di ricarica pubblica rappresenta un fattore di crescita altrettanto rilevante per lo sviluppo della mobilità elettrica, in particolar modo per la domanda a più basso reddito che dispone meno di parcheggi privati e di sistemi di ricarica domestica, ma la questione dell’accessibilità economica delle auto elettriche da parte del mercato di massa resta un pre-requisito fondamentale.

È opportuno chiedersi perché il costo medio di un’auto elettrica sia ancora significativamente alto. In Europa, le auto elettriche costano mediamente oltre il 25% in più rispetto ad auto di pari livello a combustione interna. Questo contesto penalizza in particolare l’Italia ed altri principali Paesi europei con potere di acquisto pro capite più basso come la Spagna e, in misura più moderata, la Francia. In Cina la situazione è esattamente all’opposto.

Ma a cosa è dovuto questo forte differenziale di prezzo? In primis, in Italia, così come in Europa, la fase iniziale del mercato di auto elettriche ha riguardato prevalentemente modelli di fascia medio-alta, rivolti ad una clientela poco sensibile al prezzo e guidata all’acquisto da valori più orientati alla sensibilità ambientale, all’innovazione, alla differenziazione. In Cina, per contro, si è preferito puntare da subito sull’elettrificazione di massa, proponendo vetture accessibili al fine di raggiungere nel tempo più breve possibile una produzione su vasta scala, con i relativi benefici economici.

In Italia, l’offerta di vetture BEV nel 2022 ha riguardato prevalentemente modelli di fascia media (segmenti C e D). Per contro, l’analisi delle vendite evidenzia una netta concentrazione della domanda sul segmento A delle citycar, pari al 34% del totale mercato BEV, su cui sono stati offerti solo 7 modelli rispetto ai circa 80 commercializzati nello stesso anno. Questa distonia tra esigenze della domanda di massa, che necessita di prezzi accessibili su segmenti di fascia medio-bassa principalmente per la mobilità urbana, e la configurazione attuale dell’offerta, che punta invece su auto elettriche di fascia medio-alta perseguendo una logica di marginalità piuttosto che di volume, pone il nostro Paese in una situazione di stallo nella transizione alla e-mobility ed apre la porta alla crescente importazione di prodotti dalla Cina.

Nel 2022 i brand cinesi, da un lato hanno guadagnato quota rispetto all’anno precedente nel mercato domestico a scapito dei costruttori stranieri (principalmente americani e coreani), dall’altro hanno incrementato la market share in Europa. In particolare, in Italia, l’import dalla Cina è stato di circa 50.000 veicoli a fine 2022 considerando sia la quota di produzione in Cina di marchi internazionali (es. Tesla), sia la vendita nel nostro mercato di marchi cinesi (es. BYD, Xpeng, NIO) direttamente da parte del costruttore, tramite importatori o assemblatori locali. 

Nel 2025, tale fenomeno raddoppierà raggiungendo quota 100.000 veicoli, pari a circa il 6% del totale del mercato in Italia.  Questa crescita sarà trainata per oltre il 75% dei volumi previsti dalla vendita di vetture BEV a prezzi più accessibili, uniti a qualità, innovazione e dotazioni di livello paragonabile alle vetture dei costruttori leader del mercato.

Francesco Papi, Partner di Strategy& e Automotive leader di PwC Italia spiega: “Il mercato delle auto elettriche nel nostro Paese avrebbe il potenziale per crescere su larga scala, ma serve favorire un ripensamento dell’offerta, a partire dai modelli di fascia più bassa e dal raggiungimento delle economie di scala necessarie per ridurre progressivamente i price gap rispetto alle vetture a combustione interna. I piani di lancio di prodotti elettrici in Europa hanno seguito il tipico processo di introduzione di nuove tecnologie, che punta in prima istanza ad indirizzare i segmenti di mercato più profittevoli.  Ma nel caso della mobilità elettrica la diffusione della nuova tecnologia è legata primariamente alla sostenibilità ambientale. È quindi necessaria una maggiore collaborazione tra attori della filiera industriale e istituzioni a tutti i livelli per rendere questo percorso rapido e sostenibile, nell’interesse comune dell’ambiente e della competitività del nostro sistema Paese”.