L’auto cinese più famosa di tutti i tempi arriva in Italia: posti di lavoro a go go | Ma stipendi italianissimi

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BYD sta valutando l’Italia per un nuovo stabilimento europeo: migliaia di posti possibili, ma con contratti e buste paga allineati alle regole italiane.

Per anni l’auto cinese è stata percepita come qualcosa di lontano, da osservare solo nelle notizie sull’export o nei saloni internazionali. Ora lo scenario potrebbe cambiare radicalmente: il colosso BYD, simbolo dell’ascesa cinese nell’elettrico, ha confermato che l’Italia è tra i Paesi in corsa per ospitare un nuovo grande stabilimento in Europa. Una scelta che avrebbe conseguenze enormi per l’occupazione e per l’intera filiera dell’auto.

L’idea di vedere nel nostro Paese la “fabbrica europea” dell’auto cinese più chiacchierata degli ultimi anni fa brillare gli occhi a molti sindaci e governatori. Si parla di centinaia, se non migliaia, di posti di lavoro tra produzione, logistica, fornitori e servizi collegati. Un investimento industriale capace di cambiare il destino di un territorio, soprattutto se collocato in aree già segnate da crisi di altri stabilimenti storici.

Cosa filtra dai piani di BYD per l’Europa

Secondo le ricostruzioni di FormulaPassion, BYD ha già avviato da tempo il processo di selezione per il suo prossimo impianto europeo e l’Italia è esplicitamente indicata tra le candidate. A parlarne è stato Alfredo Altavilla, special advisor del marchio per l’Europa, spiegando che la decisione definitiva arriverà solo a processo concluso e che non esistono ancora annunci ufficiali.

L’azienda ha già un sito produttivo in Ungheria e sta valutando dove collocare il passo successivo della propria espansione. I criteri non sono solo logistici, ma anche politici e industriali: peso dei dazi, rapporti con l’Unione Europea, qualità della componentistica locale. Proprio su questo fronte l’Italia gioca una carta importante, potendo vantare una rete di fornitori di alto livello nel settore freni, gomme, elettronica e lavorazioni di precisione.

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Posti di lavoro “cinesi”, stipendi però tutti italiani

La prospettiva di un maxi stabilimento straniero accende sempre un doppio interrogativo: da un lato l’entusiasmo per i nuovi occupati, dall’altro il timore di vedere arrivare un modello di lavoro basato su salari al ribasso. In questo caso, però, la cornice è chiara: un impianto BYD in Italia dovrebbe comunque rispettare i contratti collettivi nazionali, le normative sul lavoro e le tutele previste per i dipendenti. In altre parole, i turni potrebbero essere “cinesi” per intensità produttiva, ma le buste paga resterebbero italiane, in linea con le regole vigenti.

Chi spera in una nuova ondata di occupazione, quindi, guarda soprattutto al numero di addetti che un polo di questo tipo potrebbe assorbire: operai specializzati, tecnici, ingegneri, personale amministrativo, manutentori, logistica. A beneficiarne sarebbe anche l’indotto, dai trasporti ai fornitori di pezzi e servizi. L’arrivo dell’auto cinese più famosa del momento non significherebbe solo nuove vetture sulle nostre strade, ma un cambio di passo per interi distretti industriali, con una condizione subito chiara: in Italia si lavora con regole italiane.