Auto intelligente e/o infrastruttura intelligente

La partita della mobilità sostenibile si sta combattendo a colpi di norme tecniche sui tavoli internazionali ETSI, CEN ed ISO, norme che poi si riflettono negli atti Legislativi Comunitari.

Alcune Nazioni, più impegnate nelle attività normative, forniscono tecnici che portano i contributi più significativi: le altre Nazioni dovranno quindi adeguarsi, e acquistare tecnologie HD e SW all’estero, o produrre gli aggiornamenti ai loro sistemi, adeguandosi quindi a quanto definito da chi è presente ai tavoli di normazione tramite i propri esperti.

In particolare, il comparto automotive e quello dei gestori delle infrastrutture stanno stabilendo criteri, tecniche ed architetture per la messa a servizio dei futuri sistemi di gestione della mobilità. Di fronte a tutto questo l’Italia resta un po’ a guardare, anche perché rappresentata da pochissimi esperti che, con poche risorse, riescono con difficoltà a coprire solo alcuni dei tavoli tecnici nei vari enti di Normazione.

Per di più, al rientro in Italia i nostri esperti trovano anche difficoltà per la divulgazione di queste conoscenze, a causa di un terreno politico ed aziendale ancorato a regole di mercato conservatrici.

Storicamente in questo specifico contesto dei trasporti alcune aziende che hanno garantito maggiore presenza e maggiori investimenti per essere decision maker anche nei tavoli di normazione sono aziende quali Autostrade per l’Italia e 5T che infatti sono leader nei propri settori almeno in Italia.

Tutti (dai rappresentanti delle istituzioni a quelli delle aziende) parlano però oggi di “Smart Cities” e “Smart Mobility”. Due termini/brand di forte impatto che, con l’enfasi dei titoli, mascherano però alla stragrande maggioranza dei non tecnici le carenze e le lacune dei contenuti di questi concetti. Può darsi che il nostro Paese perda quindi anche questo nuovo treno, ho pensato leggendo il Decreto Smart Road recentemente pubblicato dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti.

Ho personalmente assistito  ad interventi diretti di esponenti e rappresentanti di Nazioni come la Germania e l’Inghilterra (per quel che riguarda le europee) difendere e proporre idee e soluzioni che le loro aziende nazionali sviluppano. A causa del fatto che il ritorno di attività come quelle di supporto ad esperti standardizzatori non è immediatamente monetizzabile le aziende preferiscono leggere a posteriori standard pubblicati dimenticando però che i loro competitor stranieri partecipano attivamente alla loro definizione.

Partecipare attivamente alla definizione degli gli Standard significa prima di tutto conoscere la tecnologia che si diffonderà nel mercato per potenzialmente sperare di poter diventare leader di mercato con conseguenti effetti positivi sia per il ritorno economico aziendale che per gli interessi generali della collettività. Questo è tanto più evidente in questo periodo storico dato l’impulso che la CE sta dando tramite l’implementazione delle politiche comunitarie, come l’adozione dei Regolamenti Delegati della CE che integrano la Direttiva sugli ITS, nelle quali gli standard scritti sono cardine dello sviluppo.

Antonino Pirrotta

 

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