Il 2011, dichiarato dal’Onu “Anno Internazionale della Chimica”, si apre con una notizia che rischia di mettere in crisi l’enorme mole di impegno per lo sviluppo dell’auto elettrica. Ratan Tata, a capo del gruppo con il suo nome, ha infatti annunciato un programma di finanziamento pari a 15 milioni di dollari per una società che si occuperà di studiare l’auto ad acqua.

La nuova tecnologia, progettata da un team di ricercatori del Massachusetts Institute of Technology guidato dal Professor Daniel Nocera, consentirebbe di effettuare il processo elettrolitico che porta alla separazione dell’ossigeno e dell’idrogeno, componenti dell’acqua, direttamente a bordo della vettura. Il processo permetterebbe di usare l’idrogeno, vettore di energia, come combustibile evitando così lo sviluppo di reti di distribuzione del “nuovo carburante”, in quanto queste potrebbero essere rappresentate, banalmente, dai rubinetti di casa. Resta la difficoltà di immagazzinare in tutta sicurezza l’idrogeno a bordo della vettura, in quanto, se sollecitato nella maniera scorretta potrebbe generare pericolose esplosioni. I rischi maggiori nell’utilizzo dell’idrogeno riguardano la possibilità che si verifichi un incendio o un’esplosione. Anche se, perchè si verifichi la prima ipotesi, deve essere presente la miscela di idrogeno e ossigeno in quantità infiammabile e deve essere fornita l’energia minima di accensione.

Fuel cell
Alcuni importanti costruttori hanno puntano, negli ultimi anni, sulle vetture a fuel cell. La cella o pila a combustibile, Fuel Cell in inglese, è un dispositivo elettrochimico che permette di ottenere elettricità direttamente da certe sostanze, tipicamente da idrogeno ed ossigeno, senza che avvenga alcun processo di combustione termica. Il sistema funziona ricongiungendo elettro-chimicamente l’idrogeno (che rappresenta il combustibile) con l’ossigeno (l’ossidante). Dalla reazione di questi due elementi si possono ottenere quelle quantità di potenziale elettrico (corrente) necessarie alla marcia.

Un problema molto forte che riguarda l’utilizzo dell’idrogeno nelle pile a combustibile è il fatto che lo stesso idrogeno, essendo un combustibile artificiale e più precisamente un vettore energetico, deve essere prodotto somministrando energia al sistema (energia in entrata che può essere ad esempio l’energia chimica contenuta in un combustibile fossile che serve per produrre energia elettrica da utilizzare poi per ottenere idrogeno dall’acqua), la stessa energia che, a meno delle inevitabili perdite energetiche durante il processo di fabbricazione dell’idrogeno, è quella immagazzinata nell’idrogeno stesso così ottenuto, con la conseguenza che nel bilancio energetico finale (quindi tenendo conto dei vari rendimenti della filiera energetica come impianto produzione energia → impianto fabbricazione idrogeno → pila a combustibile), una cospicua parte dell’energia in entrata viene inevitabilmente persa (si può arrivare a perdere oltre il 70% dell’energia in entrata a seconda dei metodi di produzione dell’idrogeno). Questa è una delle principali cause che a tutt’oggi impedisce l’utilizzo su vasta scala dell’idrogeno ottenuto per elettrolisi dell’acqua, soprattutto nel campo della locomozione.

L’UE esplora il futuro
Secondo uno studio dell’Unione Europea, nel 2050 il mercato sarà composto per il 25% da auto elettriche fuel cell alimentate a idrogeno, per il 35% da elettriche a batteria, per il 35% da ibride plug-in e solo per il 5% da vetture con motore a scoppio. Questi numeri, tutti da verificare, stanno spingendo i costruttori a sviluppare modelli elettrici, ibridi e a idrogeno.

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